La parabola di Maradona

Carlo Loiudice
2 min readNov 26, 2020

Voli pindarici e cadute disastrose, genio e follia, gioco e fuoco, vita e morte, amore.

La vita di Maradona è stata tutta un dribbling consumato da un estremo all’altro.

Se sai giocarlo bene, il pallone ti mette al centro del mondo, ma se non sai tenere l’anima al riparo, la fama ti divora.

Maradona è diventato Dio per volere del popolo, e il popolo si sa, si nutre di passione, di sangue e di delitti.

E’ una storia che si ripete da sempre, quella degli idoli divorati e resi poi immortali.

Nessun agnello ha salvato Maradona dalla foga del pubblico. E Napoli non poteva che essere il luogo ideale per l’arrivo del nuovo messia.

Una culla bella e maledetta, dove basta sbagliare vicolo per sentirsi persi.

Ma Napoli non ti lascia mai solo e quando ti senti smarrito, ecco che una mano ti viene in soccorso. E quella mano può essere sporca di sangue. Napoli è passione pura e della passione non ci può mai fidare fino in fondo.

Maradona può gabbare l’uomo nero con la mano, fregare Sua Maestà la Regina, far urlare milioni persone con un calcio, ma non sa salvare se stesso.

Maradona fuori dal campo è uno di quei tanti bambini con gli occhi grandi grandi, nati in una periferia del mondo.

A tratti ricorda il Ninetto di Pasolini. Capelli ricci e sorriso buono.

Una dose esagerata di talento riversata in un uomo troppo piccolo per poter reggere una croce così grande.

Immortale.

«Per l’occasione permettete di dedicarvi questo pensiero poetico…

San Genna’, non ti crucciare

tu lo sai, ti voglio bene,

ma ‘na finta ‘e Maradona

squaglie ‘o sang rint’ ‘e vene!

E chest’è!»

(Luciano De Crescenzo)

www.carloloiudice.com

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Carlo Loiudice

Attore, public speaking e life coach certificato di base a Berlino dal 2011